Non è facile spiegare cosa sia il femminismo, perché si cade nell’errore di ritenerlo un maschilismo al contrario. Proviamo a farlo parlando del carico mentale delle donne nel contesto domestico.
Secondo la definizione Treccani, il maschilismo è “l’adesione a quei comportamenti e atteggiamenti (personali, sociali, culturali) con cui i maschi in genere, o alcuni di essi, esprimerebbero la convinzione di una propria superiorità nei confronti delle donne sul piano intellettuale, psicologico, biologico, ecc. e intenderebbero così giustificare la posizione di privilegio da loro occupata nella società e nella storia”.
Il femminismo, invece, è un movimento di libertà. Ossia “l’insieme delle teorie che criticano la condizione tradizionale della donna e propongono nuove relazioni tra i generi nella sfera privata e una diversa collocazione sociale in quella pubblica” (Treccani).
Il femminismo nasce lottando contro una certa visione della psicologia classica che attribuisce alla donna determinate caratteristiche innate che la portano naturalmente ad assumere un preciso ruolo sociale, che la identificano con le funzioni riproduttive e di accudimento. La filosofa Simone de Beauvoir è stata una delle prime a scardinare questo assunto. La scrittrice francese ci spiega come la donna indossi un ruolo subalterno nei confronti dell’uomo arrendendosi ad una condizione immanente, frutto di una serie di costruzioni storico-culturali. La saggista, fondamentale nella scena del femminismo, invita le donne ad abbracciare la strada della trascendenza per riscrivere il destino femminile imposto dalla società.
Emma Clit è una giovane disegnatrice francese (sarà un caso?) che con intelligenza e ironia ha portato all’attenzione il concetto di carico mentale delle donne nel contesto domestico, per spiegarci come la questione di genere entra nelle nostre vite. Il pensiero organizzativo, necessario per mandare avanti la gestione domestica, di fatto diventa un’incombenza che colonizza in modo costante la mente di chi lo ospita: un carico cognitivo tipicamente tutto al femminile. Se la donna in questione è anche lavoratrice si configura quello che la sociologa francese (ancora una volta!) Monique Haicault ha definito la doppia giornata, la corsa interminabile che vive la donna ogni giorno.
Emma Clit nel suo libro di illustrazioni “Bastava chiedere!” evidenzia come tutto questo carico venga portato silenziosamente dalle donne. L’espressione bastava chiedere è quella che gli uomini esclamano quando le loro compagne si lamentano di essere sfinite per il carico fisico e mentale di lavoro domestico oppure quando, esauste, fanno emergere improvvisamente il substrato di tensione accumulata.
Si tratta di risposte socialmente acquisite, tramandate dall’educazione famigliare e storico-culturale. Spesso gli uomini in questione genuinamente non si rendono conto di essere come il personaggio di queste illustrazioni. Anche loro ingabbiati in un ruolo rigidamente predeterminato.
A ben pensare questo movimento di libertà può essere applicato a tutte le categorie sociali oppresse dentro un destino di sottomissione. Per questo il femminismo interessa tutti, uomini e donne. Perché sotto la lente del patriarcato anche l’uomo ne può uscire mortificato. Pensate all’obbligo di attenersi all’ideale di mascolinità imposto da questo sistema culturale che non ammette eccezioni. Il sociologo Raewynn Connell ha identificato molte differenti mascolinità possibili per gli uomini, ma solo una piccola sottospecie di queste viene approvata dalla società. Si tratta della mascolinità dominante, e coloro che ricadono al di fuori di questa fetta statistica possono venire disprezzati dalla collettività. Un particolare aspetto dell’ideale mascolino dominante è l’enfasi sull’azione piuttosto che sulle emozioni, in quanto ancora oggi spesso ci si aspetta che gli uomini reprimano e controllino le loro emozioni.
Mi è capitato di conoscere uomini che si dedicano amorevolmente alla cura dei propri figli, oppure alla gestione della vita domestica. Molto spesso vengono definiti mammi, piuttosto che padri, sia da uomini che da donne. Questo è un esempio di violenza lessicale che, con sarcasmo, mette in dubbio la mascolinità di questi uomini.
A differenza del patriarcato, il femminismo attribuisce sia agli uomini che alle donne uguali risorse di empatia, compassione, sentimenti e istinto, qualità distintive nelle relazioni interpersonali in grado di dare significato alla vita e rendere felici.